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La nuova strategia dell’UE per i settori culturali e creativi a sostegno della crescita e dell’occupazione

L’Unione europea da tempo riconosce l’importanza economica dei settori culturali e creativi. Le diverse fonti europee (Rapporto 2010 sulla competitività europea e altri studi) parlano chiaro: l’industria culturale e creativa – che comprende l’architettura, l’artigianato artistico, il patrimonio culturale, la moda, il design, il cinema e la televisione, le arti dello spettacolo e le arti visive, la musica, le biblioteche, l’editoria, la radio – produce attualmente il 3,3% del PIL dell’UE e impiega circa 7 milioni di lavoratori. Questi settori hanno dimostrato anche di saper resistere abbastanza bene alla crisi economica in atto. Secondo Eurostat, infatti, tra il 2008 e il 2011 l’occupazione nei settori culturali e creativi ha mostrato una capacità di recupero migliore dell’economia dell’UE nel suo complesso, facendo addirittura registrare, in alcuni di essi, un tasso di occupazione giovanile maggiore che nel resto dell’economia.
Inoltre, i settori culturali e creativi possono avere ricadute positive sulle industrie di altri comparti, in particolare quelli in cui l’innovazione è determinata sempre più da fattori non tecnologici (come la creatività): significativo è, ad esempio, l’uso diffuso del design nell’industria manifatturiera, che fornisce valore aggiunto ai prodotti, ai servizi e ai processi del mercato. Ma non solo. Gli investimenti strategici nella cultura e creatività a livello locale e regionale hanno spesso prodotto risultati considerevoli, come dimostrano i festival e le Capitali europee della cultura che hanno avuto un ritorno economico a volte anche molto superiore all’investimento iniziale.
Ugualmente riconosciuto è il contributo della cultura e della creatività al rafforzamento della competitività dell’Europa a livello globale e nella promozione dell’eccellenza europea nel mondo. In questo senso, l’industria della moda e dei cosiddetti prodotti di lusso giocano un ruolo di primo piano, incidendo in maniera rilevante sul volume delle esportazioni europee (il 62% dei prodotti fabbricati dai marchi europei del lusso vengono venduti al di fuori dell’Europa).

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